I LONGOBARDI DI CASTEL TROSINO
Le notizie sul sepolcreto dei longobardi di Castel Trosino sono innumerevoli. Esso fu scoperto per caso una mattina dell’aprile 1893 allorquando un contadino Salvatore Pignoloni, contadino del preposto don Emidio Amadio, aggiogò i suoi buoi per recarsi in contrada Santo Stefano per iniziare lo “scasso” di una vigna. Il suo aratro precipitò in una buca dalla quale vennero fuori antiche ossa e una serie di oggetti molto preziosi.
Si iniziò a scavare e vennero alla luce numerose altre fosse.
Furono subito informate le autorità locali: l’ingegnere Giulio Gabrielli il quale dopo una prima ricognizione informò le autorità statali che giunsero per gli scavi coordinati dal prof. Edoardo Brizio e dall’ing. Mengarelli.
Dopo gli scavi vennero fuori circa 239 tombe con 240 scheletri. Di queste 33 erano tombe con oggetti funebri ricchi, 14 con oggetti funebri poveri, 92 senza oggetti.
Gli oggetti rinvenuti furono di un elevato e vastissimo interesse storico e archeologico tanto da rappresentare così come dissero gli ascolani un vero “tesoro”. Ma il tesoro fu tolto agli ascolani visto che tutti gli oggetti furono portati a Roma per essere studiati. Ma da quel momento furono la parte essenziale dell’importante “Museo dell’alto medioevo” situato all’E.U.R..
La necropoli di Castel Trosino (Ascoli Piceno) costituisce un esempio tra i più significativi in Italia della convivialità romano-longobarda, che permette di analizzare le modalità di inserimento del gruppo germanico all’interno della comunità romano-bizantina, fino alla “cristianizzazione” del gruppo dominante.
“La fase più antica della necropoli risale alla seconda metà del VI secolo, periodo in cui è diffuso presso la popolazione romana un corredo funerario piuttosto semplice caratterizzato dalla deposizione, peraltro non generalizzata, di recipienti di terracotta o vetro e da pochi oggetti di vestiario e di ornamento (fibbie, fibule, spilli, anelli, armille, orecchini, collane, pettini, fuseruole, etc.).
A partire dal dal tardo VI secolo cominciano a comparire nella necropoli sepolture dal corredo più complesso, tra cui tombe maschili con armi e tombe femminili con fibule longobarde, che denotano la presenza di inumati di cultura germanica.
Alcune di queste tombe hanno corredi di straordinaria ricchezza, molto al di sopra della media delle sepolture longobarde italiane.
A parte questo gruppo abbastanza ristretto di tombe con corredi diagnostici, è difficile distinguere nelle sepolture della prima metà del VII secolo le diverse componenti della popolazione, anche a causa dei vasti processi di osmosi culturale che investono l’intera comunità che appare ben presto egemonizzata dai modelli e dalla cultura materiale bizantina. La sontuosità di tanti corredi costituisce un aspetto peculiare di questa necropoli, che deve aver tratto particolare vantaggio dall’apertura verso l’Adriatico. (…)
La fase più tarda della necropoli di Castel Trosino è rappresentata da un gruppo di tombe, per lo più in fosse con pareti in muratura, che si raggruppano intorno alla piccola chiesa posta al centro della necropoli; gli scarsi elementi di corredo ne consentono la datazione intorno alla metà del VII secolo o poco dopo”.
(Tratto dalla Guida alla mostra “La necropoli altomedievale di Castel Trosino: Bizantini e Longobardi nelle Marche”, testi di L. Paroli, M.C. profumo, M. Ricci)