I luoghi del borgo
All'interno del borgo di Castel Trosino esiste una piccola costruzione di origine medievale chiamata “Casa della Regina”. Una leggenda narra che ci vivesse una fanciulla bellissima, un giorno passo’ da quelle parti il Re Manfredi, in visita ai confini del suo regno, vide la fanciulla affacciata dalla bifora della sua casa e si innamoro’. Fu un amore breve ed intenso e da quel giorno la fanciulla divenne la “Regina” di Castel Trosino.
Un antico ponte sul fiume Castellano unisce il borgo di Castel Trosino alla strada Ascoli-Rosara. Il ponte si raggiunge solamente tramite sentieri e offre una vista spettacolare sulle verdi acque del fiume.
E' un antico monastero dedicato a San Giorgio, il santo cavaliere che uccide il drago. Sorge abbarbicato alla roccia sotto il monte e la rupe di Rosara. Dal suo antico loggiato si scorge il borgo di Castel Trosino un panorama della montagna dei Fiori. Il luogo ha qualcosa di magico. La storia di questo luogo si perde nella notte dei tempi quando civiltà piceno-romane vi si recavano per adorare la dea natura, in seguito alle dominazioni barbariche i riti pagani vennero sostituiti dal culto della guerra e del guerriero. In seguito i culti pagani si trasformarono in cristiani e così il guerriero lasciò il posto al santo guerriero, San Giorgio appunto. Questo monumento ha resistito per secoli assolvendo funzioni diverse, da eremo a convento fino a lebbrosario dove con la vicina fonte di acqua “salmacina” venivano curati i malati. Oggi è un rudere che sta crollando inghiottito dalla vegetazione.
``a proposito dell’Acqua Salmacina, senza arrossire, la direi Acqua Vitale, dotata di anima solare e divina, la più potente in natura, tesoro della vita umana, balsamo radicale e mirabile guaritrice, conservatrice del fiore della gioventù, ritardataria della prospera vecchiaia e vendicatrice di tutte le sordide impurità del corpo umano.`` De Aqua Minerali di Francesco Maria Vannozzi,
Le sorgenti dell’acqua salmacina sono delle acque solfuree che scaturiscono dalla base della rupe sulla quale sorge Castel Trosino. Nell’antichità sulle rive del Castellano sorgeva sicuramente un centro termale con piscine e fontane zampillanti per lo sfruttamento delle proprietà terapeutiche delle acque termali. Ce lo ricorda Plinio il Vecchio nelle sue Historie dove scrive delle “salmacidarum acquae…Castrum Tesuinum balneum cernitur aqua salmaria” e il medico bizantino Oribazio ci racconta che il console Placo vi recupero’ la salute. Oggi grazie al progetto di riqualificazione del parco del Castellano possiamo immergerci in queste preziose acque.
Il sepolcreto fu scoperto per caso una mattina dell'aprile 1893 allorquando un contadino Salvatore Pignoloni, contadino del preposto don Emidio Amadio, aggiogò i suoi buoi per recarsi in contrada Santo Stefano per iniziare lo “scasso” di una vigna. Il suo aratro precipitò in una buca dalla quale vennero fuori antiche ossa e una serie di oggetti molto preziosi. Si iniziò a scavare e vennero alla luce numerose altre fosse. Dopo gli scavi vennero fuori circa 239 tombe con 240. Attualmente si puo' visitare il sepolcreto dove è possibile vedere alcune tombe riscostruite e la pianta della chiesa di Santo Stefano.
Negli anni ’50 su di una sponda del fiume Castellano era ancora perfettamente funzionante una tradizionale fornace intermittente di calce e mattoni. Prima dell’intervento di restauro la fornace ed il piccolo ricovero in pietra degli operai ad essa annesso, si trovavano in condizioni di estremo degrado ed abbandono. Il restauro ha salvato dal crollo e riportato alla luce questo piccolo esempio di archeologia industriale. Al lato del ricovero, in cui sono stati ritrovate suppellettili utilizzate dai lavoratori della fornace ed anche curiose pianelle di cotto disegnate, è riemersa la “fossa di spegnimento” della calce.
A sud-est del Borgo di Castel Trosino, lungo la via che dal paese conduceva al cimitero, si raggiungono i resti di una antica fonte.
Si tratta di interessantissimi resti architettonici. La fonte, di fattezze rinascimentali, è costituita da: due muri di contenimento in travertino a faccia vista, delle vasche destinate al lavoro delle lavandaie ed una piccola fontana con vasca circolare, anch’essa in travertino.
Ornata da semplici fasce e cornici modanate, denuncia origini probabilmente risalenti al XVI secolo. Era sicuramente presente nelle mappe del Catasto Gregoriano del 1815-1820, e reca ancora incisa la data 1835, anno di un probabile restauro.
La fonte è stata oggetto di un recente intervento di restauro.
Sfortunatamente prima che il restauro avesse inizio, il concio per lo scolo delle acque è stato trafugato insieme ad altri conci squadrati di travertino, depredando così dei suoi elementi costitutivi questo importante testimonianza storica, oggi salvata per essere ammirata da tutti.