foto di Andrea Capecci
La storia del borgo
foto di Andrea Capecci
E’ un piccolo borgo di origini medioevali che racchiude in sé una serie importante di “valenze” di ordine storico, architettonico, culturale e ambientale.
Questo sito é stato da sempre collocato in una zona importante che conduce dai valichi Appennini al mare Adriatico. E’ infatti opinione diffusa che proprio su questa direttrice passasse l’originale strada consolare Salaria (le strade consolari romane infatti non passavano mai nei fondovalle, ma sempre sui crinali dei rilievi), non sappiamo se ciò corrisponda a verità, certo é però che attraverso questo importante borgo vi era una direttrice che collegava con l’area sud dell’Umbria, una direttrice molto usata nei tempi romani e alto medievali.
Il piccolo borgo si trova sopra uno scoglio di travertino (materiale principe della zona) a mo’ di dirupo sulla valle del Castellano.
L’origine del nome é discussa tra gli storici ascolani. Un primo gruppo di studiosi ritiene che il nome derivi da Suinum (nome antico del torrente castellano), quindi “trans-suinum” e “trosino” alla quale pare si sia aggiunto poi il termine “castello”.
Una seconda ipotesi individua il nome più semplicemente legato a Castel Rosino essendo la rocca dominata dal vicino monte di Rosara, la stessa ipotesi quindi ipotizza che alla parola rosino sia stata aggiunta una “T” iniziale (cosa tipica di molte parole ascolane in dialetto come “rosmarino” in “‘trsmarì”) e sia venuto fuori questo nome.
Non ci é dato sapere quale sia la vera origine del borgo. Una cosa però è certa, data la sua invidiabile posizione geografica e strategica é possibile che questo sperone di roccia sia stato abitato sin da tempi antichissimi.
Alcuni ritrovamenti come resti di ossa di animali, punte di frecce, raschiatoi di silice provano che in quest’area vi siano stati abitatori sin dal periodo neolitico.
Se ciò é vero, e lo crediamo, possiamo intuire che il centro abbia prosperato anche nel periodo romano, anche e soprattutto perché la strada che collegava Castel Trosino ad Ascoli era un importante collegamento tra i passi appenninici e l’Adriatico.
Non sappiamo quale tipo di insediamento esistesse in questo periodo ma presupponiamo che vi fossero edifici di abitazione e forse qualche edificio votivo (tempio).
Un’ulteriore prova a conferma della presenza romana nel luogo è data dalla presenza delle storiche “acque salmacine”. Un tipo di acqua gradatamente sulfurea che sgorga da una “polla” proprio sotto la rupe di Castel Trosino.
Quest’acqua, così come quella vicina di carattere “ferrigno”, era portata al vicino centro di Asculum attraverso degli acquedotti, le cui tracce sono state riscontrate anche in tempi recenti.
I romani, che erano attenti conoscitori del territorio, sfruttavano quasi sempre tutte le caratteristiche qualitative dei siti e le utilizzavano.
L’acqua di Castel Trosino entrava infatti ad Ascoli (si ricorda un antico acquedotto che superava la Porta Cartara) e attraverso poi un acquedotto urbano giungeva sino all’area delle terme, quella dell’attuale campo Squarcia con la Fortezza Malatestiana.
Esiste un’altra prova di questa presenza, ed é legata alle cave di travertino. Gran parte del travertino ascolano proveniva infatti da questi siti (Castel Trosino, San Marco, Rosara) e i romani avevano qui grandi ed importanti cave.
Una presenza forte dunque quella dei romani nell’area di Castel Trosino.
L’importanza di questo centro aumentò nel periodo medievale, anche se é certo che sin dalla caduta dell’Impero romano moltissimi ascolani raggiungessero i luoghi collinari vicini ad Ascoli per insediarvisi, in quanto luoghi più sicuri e riparati dalle scorribande delle popolazioni barbariche.
Conosciamo infatti che Castel Trosino era uno dei primi quattro castelli a “presidio” di Ascoli (gli altri tre erano: rocca di Morro, castel di Venarotta e un ultimo castello sul torrente Bretta). Quattro castelli posti a mo’ di quadrilatero a difesa di Ascoli sulle quattro importanti direttrici di accesso alla città: castel di Venarotta sulla direttrice umbra e maceratese, castel di Morro sulla strada salaria che proveniva dal mare, il castello sul Bretta sulla strada che proveniva da Offida e infine Castel Trosino dai citati valichi appenninici, su uno dei tracciati della Salaria.
Quando infatti dopo diversi tentativi di invasione il re longobardo Faroaldo (578 d.c.) prima di conquistare e distruggere Ascoli conquistò proprio i due forti di Castel Trosino e rocca di Morro.
Dopo questa conquista così come avvenne ad Ascoli (l’area alto medievale longobarda e franca era infatti quella intorno al triangolo delle chiese di San Giacomo, S. Pietro in Castello, S. Maria inter Vineas, con centro in S.S. Vincenzo e Anastasio) i longobardi si insediarono in questo luogo e vi prosperarono per diversi secoli. La prova inconfutabile di ciò si ha proprio nella preziosissima ed importantissima “necropoli barbarica” scoperta nell’area della chiesa di S. Stefano.
Fu proprio in questo momento sino ad i primi secoli dopo l’anno mille che il piccolo borgo assunse l’aspetto attuale, forse in seguito lievemente modificato.
Il borgo prosperò e la sua storia continuò probabilmente ad essere legata alle importanti “valenze ambientali” dell’intorno: il torrente, l’acqua particolare, le cave, le selve (boschi).
Il ruolo di questo borgo è stato sempre parte essenziale della storia di Ascoli, collegata alla città da sempre ne ha costantemente subito gli influssi.
Alcuni elementi essenziali dei periodi recenti fanno registrare il ruolo del borgo ai tempi dello Stato Pontificio.
Castel Trosino infatti fu per diversi periodi storici luogo vicino al confine tra lo Stato Pontificio e il regno di Napoli, fu poi interessato per lunghi secoli alle scorribande dei briganti per divenire oggi riferimento storico-culturale-paesistico.
Il Piccolo Borgo ha visto negli anni 80 una rinascita ed una forte valorizzazione ad opera degli abitanti del luogo, che hanno promosso interessanti manifestazioni culturali e folcloristiche di forte richiamo per il turismo in particolare estivo. Castel Trosino è infatti stato tra i primi Borghi Medievali a rievocare feste conviviali in cui le usanze e le attività tipiche del Medioevo vengono fatte rivivere all’interno delle vie del centro con spettacoli e personaggi tipici: saltimbanchi, giocolieri, mangiafuoco, attori ed altro anch’essi con chiara matrice medievale.
Come già detto, il fiume fu elemento essenziale della vita locale, oltre alla difesa esso ha da sempre fornito un tipo di acqua, quella “salmacina” che sgorga ancora oggi da alcune “polle” poste sotto la rupe.
Questo tipo di acqua é lievemente sulfurea (non come quella di Acquasanta Terme), la sua temperatura é abbastanza elevata (15° circa) e l’origine é proprio sul versante del colle di Rosara che di fatto si trova sul prolungamento del versante montuoso dell’acquasantano.
Poco distante dalla prima polla, collocata sul versante del colle San Marco esiste una seconda sorgente di acqua a grosso contenuto di sale minerale del ferro (“ferrigna”), infatti la zona é completamente colorata di tonalità del rosso ruggine. Tale acqua ha anche altri contenuti di sali minerali e componenti quali l’arsenico (in dosi molto modeste), ciò la rende particolarmente indicata per alcuni tipi di malattie. Queste acque, oggi non sfruttate, lo erano invece nel passato. Infatti proprio in rapporto alle particolari qualità curative era sorto sul versante sud del monte di Rosara l’eremo di San Giorgio ai Graniti, uno splendido monastero utilizzato sin dall’antichità come lazzaretto e luogo che ospitava i malati. Oltre alla presenza di queste interessanti tipologie di acque esiste la grande valenza ambientale e qualitativa del torrente Castellano con le sue acque pulite (oggi fermate a monte dalla diga di Talvacchia), usate ancora oggi per la balneazione.
Più a valle, verso Ascoli furono realizzate nel 1525, ad opera di Cola dell’Amatrice, delle ‘prese d’acqua” per la Cartiera papale di Porta Cartara.
Il sistema ambientale e architettonico é di grosso valore, a nord della rupe vi é il Monte di Rosara con le antiche cave romane dalle quali si estraeva un travertino molto bello dalle particolari venature rosa. Di ciò oggi é rimasto un insieme di scogli di travertino che hanno assunto un colore marrone-grigiastro all’interno di un “pregevole” bosco di querce.
All’interno di questo sistema spunta l’interessante (già citato) eremo di San Giorgio ai Graniti, originario dell’XI° secolo con aggiunte del XIV° e XV° secolo oggi abbandonato e ridotto ad un cumulo di rovine, assalito dai ladri che dopo averlo spogliato stanno portando via pezzi architettonici di travertino e stanno spogliando persino l’antico colonnato sud visibile dalla rupe del castello.
Il nobile interno a causa di una struttura proprietaria complessa (posseduto da quattro famiglie per un totale di circa trenta eredi), é stato utilizzato negli ultimi anni addirittura come stalla per maiali.
Dall’eremo, attraverso un viottolo si giungeva sino al Castellano e sempre attraverso questo percorso si risaliva in quota la preziosa acqua curativa.
Sul versante sud, all’interno di un sistema ambientale anch’esso di grande pregio formato da boschi di faggeti e querceti esiste l’antica “strada delle cave”, un percorso di grande interesse ambientale e archeologico-industriale.
Infatti lungo questa strada una dietro l’altra sono presenti sino al colle San Marco tutte le cave storiche dalle quali, insieme a quelle di colle San Marco é stata estratta gran parte del travertino con il quale é stata costruita Ascoli.
Il piccolo borgo del castello vero e proprio é organizzato attorno ad una via centrale che penetra all’interno sino alla piazzetta principale posta dinanzi alla chiesa dedicata oggi a San Lorenzo Martire. Dalla stradella principale si diramano verso il bordo del dirupo delle stradelle secondarie.
Il borgo è raggiungibile solo attraverso una entrata posta sul fronte strada, sul quale si notano delle antiche mura (sopra le quali sono poi sorte delle abitazioni) e una porta d’accesso.
All’interno si nota un assetto tipicamente medievale: case di piccole dimensioni addossate le une alle altre, strade, sottopassi portoncini, il tutto realizzato con la mirabile pietra ascolana: il travertino.
Questa situazione architettonica e ambientale ci fa fare un salto nel passato e ci riporta ad un tempo lontano che non sembra essere passato affatto attraverso questo luogo.
Quello che è infatti estremamente caratteristico é che il luogo é stato trasformato pochissimo ed ha mantenuto quasi invariati alcuni aspetti medievali, tanto da essere usato oggi ancora per manifestazioni folcloristico-culturali estremamente caratteristiche: le feste medievali agostane e il presepe vivente. Tra le costruzioni la più caratteristica é la casa detta “della regina” o “palazzo del re Manfrì”, una piccolissima casa di tipico assetto medievale che di palazzo ha solo il nome, essendo di limitatissime dimensioni (circa 4/5 metri di fronte e alta non più di 5 metri). Questo casa è forse il più antico insediamento tardo medievale presente nella zona di Ascoli e rimasta pressoché immutata sia nelle dimensioni che nella struttura. Si possono infatti notare i due livelli: il piano terra utilizzato come luogo di lavoro dell’antichissimo artigiano che vi lavorava e il primo livello formato da un grande stanzone dove viveva tutta la famiglia. Ciò che rende particolarmente ricco questa struttura é la loggetta esterna non usuale per le semplici case medievali. In definitiva questa piccola casa é un gioiello di particolare interesse resa ancora più ammirevole dalla presenza dei materiali originali.
E’ probabile che in antichità il borgo sia stato più ampio di quello attuale, ma frane antiche e recenti, crolli e terremoti lo hanno forse relegato alle dimensioni attuali. La prova di queste antiche e forse più ampie dimensioni é data da interessanti ritrovamenti effettuati al di sotto della rupe; lavorando i terrei vennero infatti rinvenute tombe arcaiche con rozzi oggetti (vasi), fibule bronzee, armille di filo di rame e altri ornamenti.
Testi: Gino Vallesi, Claudio Rosa, Valerio Borzacchini, Marco Galizi, Ilaria Morganti